C’era una volta una paperetta che viveva in uno stagno color fango-smeraldo. Sembrava felice ogni dì al
risveglio: stiracchiava le zampette palmate al sole, sprimacciava le piume che le avevano fatto da cuscino,
schiariva la prima voce del mattino nel becco – quack, quack – e correva a tuffarsi nello specchio d’acqua
calma. Amava immergere il suo capino e cercare qualcosa per colazione, lasciando che le zampette
volteggiassero nell’aria come fossero una elica.
La giornata, poi, la paperetta la trascorreva un po’ sguazzando nel verde dello stagno, un po’ vagabondando
sulla riva, senza osare però spingersi troppo lontano dal terreno conosciuto: una amica lumaca le aveva
raccontato che qualcosa di terribile era successo ad una altra paperetta che si era avventurata alla cieca e così
preferiva rimanere al sicuro.
Scesa la notte la paperetta si accoccolava in un punto preciso dell’erba, guardava le ombre dell’oscurità che
giocavano con lo stagno e si addormentava.
Un sogno, però, si affacciava quasi ogni notte al balcone fiorito del suo sonno: migliaia di coriandoli colorati
le correvano incontro. Le si attaccavano alle piume, al becco, alle zampe e la conducevano in una danza
sfrenata. Ballava, ballava, ballava con i colori dell’arcobaleno addosso. Una musica sublime nel sogno
guidava i suoi passi: ad ogni variazione di tono la paperetta si sentiva come una principessa al Grande Ballo.
Intanto passavano i giorni e le notti, sempre uguali, e la paperetta cominciava a sognare di ballare con il suo
abito di coriandoli anche ad occhi aperti.
Un dì, mentre la luce di un nuovo giorno arrossava le guance del cielo, la paperetta disse allo stagno di sorpresa: “Amico caro, siamo insieme da tanto tempo e ho imparato a volerti bene, come ad un vecchio nonno. Mi hai nutrita, rinfrescata, protetta tra i tuoi confini, rischiarato le mie notti con la luce della luna che si specchia sulle tue acque e illuminato i miei giorni mentre ci divertiamo a giocare con il sole. E’ arrivato il momento per me di cercare nuove acque, non più verde-fango-smeraldo, chiuse e ferme, ma libere di scorrere su grandi distanze, con colori diversi e con tanto spazio dentro il quale potere danzare”. Lo stagno rispose: “mia paperetta, mia delizia, vuoi davvero abbandonarmi, ora?”. “quack!” – disse la paperetta – è arrivato il momento di separarci, ma tornerò e ti racconterò le meraviglie del mondo”.
Si arrotolò al collo la sciarpa di fili d’erba, indossò il cappello che aveva preso in prestito ad un fungo e iniziò il cammino. Era malinconica, ma non appena imboccato il nuovo sentiero incominciò a sorridere e a
salutare: “buon giorno signor pino!”, “buon canto usignolo!”, “che sia un buon raccolto per voi formichine!”.
Rapita dallo sconosciuto panorama, procedeva ora leggera e spensierata. Ad un tratto sentì una voce:
“Signora paperetta, perdoni il mio ardire”. “QUACK!” – esclamò la paperetta –“chi mi parla in modo così strano?”. Guardò con sorpresa davanti a sé e vide un omino piccino, un nano in abito bianco, che le sorrideva: “buon giorno!”, “buon giorno a lei! Ho un messaggio da consegnarle” disse il nano. “A m-m-m-e-e-e?” – balbettò – “quack! Chi può avermi mai scritto?”. Il nano rispose: “ho sbirciato, le parole sono di bella mano”. La paperetta si spaventò, chi mai sapeva del suo viaggio e aveva da comunicarle qualcosa? Disse al nano: “la ringrazio piccolo uomo, ma ho tanta fretta e non posso fermarmi”. E corse via.
Il panorama la cinse nuovamente nel suo abbraccio, fino a quando incontrò un secondo nano, in abito bianco.
“Buon pomeriggio viandante” – la salutò. “Buon pomeriggio a lei” – rispose la paperetta. “Le porto un messaggio” – continuò lui – “e la carta su cui si dondolano le parole è di ottima qualità e profuma di aria pulita. Si avvicini e lo prenda”. “Grazie no! È già quasi il tramonto e ancora non ho scelto dove trascorrere la
notte. La ringrazio infinitamente: la sua gentilezza e il pensiero del suo messaggio mi terranno compagnia”.
E tornò lungo la via. Raggiunta una radura, le sembrò di udire un rumore.. un ruscello! L’acqua trasparente e limpida gorgogliava festosa e la paperetta corse a tuffarsi. Se qualcuno avesse potuto vederla, avrebbe detto
che stava danzando lieve, come una ballerina di nuoto sincronizzato.
Terminato il bagno, si sistemò all’asciutto e si addormentò: sognava di danzare, di danzare e… una volpe! Quack! Una volpe! Si drizzò immediatamente. Una volpe la stava puntando. “Quack!” – pensò – “non sarò di certo il suo bocconcino” – disse tra sé e sé. E rivolgendosi con coraggio all’animale selvatico chiese: “per caso ha visto una paperetta?”. La volpe ridacchiò: “è qui, proprio davanti a me!”. “Si sbaglia” – rispose lei – “io sono una ballerina!”. La volpe sogghignò: “una ballerina? Mi credi stupida?”. “No di certo” – replicò la paperetta – “la trovo solo un po’ miope e così tanto smaniosa di cibo da avere le visioni”. “Che ne sai tu di visioni e visioni! papera succulenta e tenera!”. “No no, signora piena di fulvo pelo, io sono una ballerina e
glielo dimostro”. Aprì le ali, richiamò il vento a spingere le zampette palmate e danzò via, veloce, come in un grande adagio. La volpe si strofinò gli occhi e impallidì.
“Ce l’ho fatta!” – urlò di gioia la paperetta – “la mia maestria mi ha protetta. Il mio cuore è rimasto saldo nel
pericolo, in ascolto, e ora so ciò che è Bene infinito per me”. Un fragoroso applauso scrosciò in quel preciso
istante: l’amica lumaca, insieme ad altre compagne, battevano le loro chiocciole facendo un chiasso festoso.
“Siamo tutte con te!” – esclamò l’amica lumaca – “ti abbiamo seguita e fatto da scudo per tutta la strada. Ora
però noi ci fermiamo qui”. La paperetta si commosse. Con una perfetta pirouette ringraziò le lumache e riprese la strada. Ritrovò il corso del ruscello, ma si accorse che scorreva seguendo la pendenza del terreno.
Le sembrava che le acque si fossero ingrossate, seppur chiare e trasparenti.
D’improvviso notò, seduto su una grande pietra al bordo del fiume, un … nano! L’ometto in abito bianco la colpì. “Ancora uno” – pensò imbronciando il becco – “starà aspettandomi?”. Il nano la fissò amorevolmente e esclamò: “che gioia incontrarla! Attendo da un po’, ma la visione di una ballerina così elegante mi rallegra il cuore”. “Parla di me ballerina!” – la paperetta si accorse che le piume si stavan accendendo di mille colori.
“Finalmente” – disse il nano – “posso compiere la mia missione e consegnarle un messaggio”. La ballerina si
dondolò prima su una punta, poi sull’altra… non sarebbe stato certo un messaggio a metterle paura ora! Si
avvicinò al nano che stava scendendo dal sasso con un grande balzo. Il sasso accennò un saluto e si allontanò. Lei avvicinò la mano a quella del nano e, leggero come una libellula in volo, un foglio dorato le si posò sul palmo. Aprì il biglietto e lesse:
E’ tempo, lo sai,
di vivere ormai!
In punta di piedi
Accogli e concedi
Un giro di danza.
Domani in mare
Il Grande Ballo sarà
in tuo onore da celebrare
per la tua Fecondità
“Il Grande Ballo!” strillò la paperetta ballerina: prese il nano per mano e rotolarono giù, giù, sempre più giù fino a che arrivarono in un immenso stagno blu! Enorme e blu!
In un punto preciso di quella distesa di mare la paperetta ballerina vide il sasso che aveva ospitato il nano: le
sembrava la stesse chiamando. Volse lo sguardo al nano, che ancora stava cercando respiro dopo la lunga corsa, e gli sentì dire in un soffio di voce: “ti stanno tutti aspettando”. La paperetta appoggiò la punta della
zampa in acqua e… si rivestì di un tutù con mille puntini colorati e dorati! Il nano, colpito da un coriandolo,
si trasformò in uno splendido ballerino. Insieme raggiunsero il sasso che, sotto una pioggia di coriandoli, si
era trasformato in un meraviglioso castello e nella sala del cuore d’oro aprirono le danze. L’intero universo
partecipò con intensa emozione alla loro fiaba.
Lo stagno color fango-smeraldo, a molte miglia di distanza, fu scosso da una musica sublime che increspò le
sue acque. “La ballerina sta raccontandomi di sé sulle punte del mondo”.